Il 25 giugno la 1a Commissione del Senato approva una proposta di parere favorevole, con condizioni e osservazioni, sullo Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti.
PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 9
La Commissione, esaminato lo schema di regolamento in titolo, considerando che il provvedimento risponde alla ratio di contenimento della spesa in materia di pubblico impiego come previsto dalla legislazione primaria, esprime parere non ostativo, a condizione che lo schema di regolamento sia modificato in base alle seguenti indicazioni:
a) si tenga conto delle censure, mosse dalla Corte costituzionale con la sentenza 8 ottobre 2012, n. 223, a misure che determinano riduzione dei trattamenti economici dei pubblici dipendenti, anche incidendo sui meccanismi di progressione stipendiale, a cui peraltro, per effetto della medesima sentenza, si sottrae il personale della magistratura. In proposito, considerando che risultano pendenti dinanzi alla Corte costituzionale altri giudizi in materia, appare necessario che il regime delle proroghe definito dal regolamento, già di per sé in contrasto con il carattere di eccezionalità e di temporaneità proprio di interventi di tale natura, sia in ogni caso concepito in modo tale da evitare pronunce di illegittimità costituzionale che, tra l’altro, potrebbero determinare un conseguente onere finanziario a carico dello Stato, vanificando così i risparmi ottenuti;
b) si evidenziano i profili di irragionevolezza, con specifico riguardo ad alcune categorie di dipendenti pubblici, tra i quali gli appartenenti alla carriera diplomatica e a quella prefettizia, nonché gli appartenenti ai comparti difesa, sicurezza e pubblico soccorso, in ragione della loro particolare articolazione e delle peculiari modalità di progressione;
c) particolarmente critica appare la previsione che consente il passaggio di grado senza corresponsione dell’incremento economico (le cosiddette “promozioni bianche”). Tale misura, oltre a creare evidenti disparità di trattamento tra soggetti che svolgono identiche funzioni, si presenta significativamente punitiva nei confronti di quanti sono prossimi al godimento del trattamento pensionistico, dal momento che non potranno nel tempo recuperare quanto potrebbe essere consentito ai lavoratori in servizio.
Si osserva, altresì, che gli interventi volti a prorogare il blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali, contrariamente a quanto affermato nel preambolo dello schema di regolamento, non realizzano alcuna razionalizzazione in quanto l’effetto depressivo che ingenerano incide, in misura significativa, sull’organizzazione delle strutture coinvolte, sull’efficienza dei servizi offerti e sulla motivazione del personale.
Ove si ritenga comunque di procedere alla proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali, si chiede che tale misura costituisca l’ultimo intervento di contenimento di spesa a discapito di una categoria sociale – quella dei dipendenti pubblici – già fortemente colpita da un progressivo processo di oggettivo impoverimento. Si invita, peraltro, il Governo ad attivarsi affinché, nel caso in cui vi siano le condizioni finanziarie compatibili, con il primo avanzo utile di bilancio, provveda ad adottare ogni soluzione utile per consentire di recuperare le perdite subite dalla categoria dei pubblici dipendenti.
Inoltre, al comma 1, lettera a), che proroga al 31 dicembre 2014 alcune delle misure previste dall’articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, appare necessaria una riformulazione che assicuri una maggiore chiarezza espositiva e tenga conto dell’esigenza di completezza del richiamo al quadro normativo.
Infine, in riferimento al comma 1, lettera d), ove si prevede che l’indennità di vacanza contrattuale relativa al triennio 2015-2017 “non assorbe quella corrisposta ai sensi del precedente periodo”, si ritiene che il non assorbimento debba essere inteso in senso non limitativo della posizione economica del pubblico dipendente, così come si evince anche dalla relazione illustrativa. In caso contrario, si determinerebbe un blocco ulteriore della crescita del trattamento economico accessorio, in particolare una non consentita proroga oltre il 2014 del blocco degli incrementi retributivi a titolo di indennità di vacanza contrattuale proiettati nel triennio 2015-2017. Appare in ogni caso opportuna una chiarificazione idonea a superare eventuali dubbi interpretativi.
Il 19 giugno le Commissioni riunite 1a e 11a della Camera esprimono parere favorevole con condizioni sullo Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti.
PARERE APPROVATO DALLE COMMISSIONI RIUNITE
Le Commissioni riunite I e XI,
esaminato, ai sensi dell’articolo 143, comma 4, del regolamento, lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti (Atto n. 9);
rilevato che il termine per l’adozione di uno o più regolamenti da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previsto dal comma 1 dell’articolo 16 del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2012, è da tempo venuto in scadenza e che nel frattempo è cambiata anche la composizione del Governo in carica;
rilevato che lo schema di regolamento in esame è corredato della relazione tecnica e illustrativa, mentre mancano la relazione sull’analisi tecnico-normativa (ATN) e la relazione sull’analisi di impatto della regolamentazione (AIR), disciplinate, rispettivamente, dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 10 settembre 2008 e dal regolamento approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 settembre 2008, n. 170;
tenuto conto che l’articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011 contiene una serie di interventi volti ad assicurare il consolidamento delle misure di razionalizzazione e di contenimento della spesa in materia di pubblico impiego adottate nell’ambito della manovra di finanza pubblica per gli anni 2011-2013 nonché ulteriori risparmi da raggiungere, in termini di indebitamento netto, non inferiori a 30 milioni di euro per il 2013, 740 milioni di euro per l’anno 2014, 340 milioni di euro per l’anno 2015 e 370 milioni di euro a decorrere dal 2016;
ricordato altresì che la disciplina normativa – oggetto di proroga – che ha limitato la crescita dei trattamenti economici nel pubblico impiego è riconducibile all’articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, che ha previsto una serie di disposizioni complessivamente finalizzate a contenere le spese di parte corrente relative ai redditi da lavoro dipendente delle pubbliche amministrazioni, definendo parametri massimi di aumento, operando riduzioni del trattamento, prevedendo la non applicazione di talune corresponsioni ed incidendo sulle dinamiche retributive contrattuali;
preso atto che, come evidenziato nella relazione tecnico illustrativa di accompagnamento, le economie relative agli interventi disposti con il provvedimento in esame, sono già state scontate nell’ambito degli effetti del citato decreto-legge n. 98 del 2011 e che quindi in questa fase appare difficile incidere sui contenuti dell’atto in esame;
rilevato peraltro che le esigenze connesse agli obiettivi di bilancio devono in ogni caso essere perseguite con criteri di proporzionalità e ragionevolezza e nel rispetto del principio di eguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione e conformemente agli altri valori tutelati dalla Costituzione, a partire da quelli definiti dagli articoli 36 e 97 della Costituzione;
ricordato, infatti, che l’articolo 36 della Costituzione attribuisce al lavoratore «il diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro» e che è legittimo che i lavoratori abbiano adeguamenti contrattuali correlati all’andamento dell’inflazione;
richiamato inoltre il contenuto dell’articolo 39 della Costituzione che, anche tenuto conto di quanto evidenziato dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 142 del 1980 e n. 34 del 1985, esprime i due principi della libertà sindacale e dell’autonomia collettiva, garantendo ai cittadini la libertà di organizzarsi in sindacati e ai sindacati la libertà di agire nell’interesse dei lavoratori;
rilevato altresì come la conseguenza delle misure adottate, che porta alla corresponsione di retribuzioni diverse a dipendenti che svolgono la medesima attività – ma che hanno maturato una progressione di carriera in momenti temporali diversi – andrebbe valutata alla luce del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, di cui all’articolo 97 della Costituzione oltre che del principio di eguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione;
segnalata, pertanto, la necessità di tenere conto che l’allungamento temporale della misura del blocco dell’adeguamento retributivo, originariamente prevista dal decreto-legge n. 78 del 2010, rischia di trasformare l’intervento eccezionale in una vera e propria deroga al meccanismo medesimo, da valutare attentamente rispetto alle previsioni costituzionali, con particolare riguardo a quelle recate dagli articoli 3, 36, 39 e 97 della Costituzione;
evidenziato che, come emerge dai dati forniti dall’ISTAT nel corso delle audizioni svolte, nel biennio 2011-2012 si è registrata una perdita del potere d’acquisto delle retribuzioni contrattuali del settore pubblico di oltre cinque punti percentuali e che l’aspettativa per il 2013, in base alle proiezioni dell’indice delle retribuzioni contrattuali ed alle tendenze dell’inflazione, è di un’ulteriore riduzione delle retribuzioni contrattuali in termini reali;
rilevato dunque come, in tale quadro, è stato da più parti sottolineato come l’estensione del blocco della contrattazione a tutto il 2014, come previsto dal provvedimento in esame, implicherebbe un’ulteriore perdita di potere di acquisto, per i dipendenti pubblici, pari a circa 4 punti percentuali;
rilevato altresì che, dai dati forniti dall’ARAN riguardo alla massa complessiva del costo del lavoro, emerge che nel 2011 per le pubbliche amministrazioni si è registrato un decremento del 1,6 per cento rispetto al 2010 e il 2012 evidenzia una riduzione, ancora più marcata, del 2,3 per cento, a seguito della somma dell’effetto del calo delle retribuzioni pro-capite con l’ulteriore effetto del calo degli occupati; in tale quadro emerge – nel confronto con le retribuzioni del settore privato – un riallineamento della curva di crescita dei salari pubblici rispetto a quella del settore privato ed il riassorbimento della maggiore crescita registrata, a vantaggio dei primi, nella prima metà del 2000;
evidenziato altresì come, accanto a questo, vadano considerati quelli che costituiscono, di fatto, oneri aggiuntivi a carico dei dipendenti pubblici, come nel caso dei servizi per la mobilità del personale cui le pubbliche amministrazioni, e in particolare gli enti locali, non sono in grado di fare fronte e che quindi ricadono sui dipendenti pubblici che vi debbono provvedere con mezzi e risorse propri, per evitare la paralisi del funzionamento dei servizi stessi;
sottolineata, pertanto, l’esigenza che il Governo si impegni ad effettuare quanto prima una attenta riflessione rispetto agli strumenti, differenti rispetto a quelli in esame, con i quali intende intervenire in futuro per una razionalizzazione della spesa pubblica, tenendo conto che questa ha registrato, negli ultimi anni, aumenti rilevanti in relazione soprattutto ai costi dell’acquisto di beni e servizi, sui quali occorrerebbe pertanto ulteriormente intervenire, piuttosto che attraverso strumenti, quali il blocco della contrattazione, che rischiano di contrastare rispetto all’obiettivo di rendere più efficiente la pubblica amministrazione, premiando il merito e l’impegno;
rilevato inoltre che le misure finora adottate sono intervenute essenzialmente attraverso vincoli lineari nei confronti di tutte le amministrazioni, con il rischio di indebolire – o addirittura di arrestare – i processi di innovazione della pubblica amministrazione, riguardo ai quali era stato intrapreso uno specifico percorso, così come la misura del blocco della contrattazione collettiva nazionale, protratta nel tempo, rischia di rinviare ulteriormente alcuni problemi di riassetto complessivo del sistema della contrattazione pubblica, di revisione e di aggiornamento di istituti contrattuali, che vanno a sostegno di processi di innovazione tecnologica, organizzativa e di sviluppo;
richiamate le raccomandazioni dell’OCSE sulle pubbliche amministrazioni contenute nel documento «OCSE: Government of the future» del 2001, in cui si chiede di intraprendere un percorso di crescita della pubblica amministrazione che coinvolga maggiormente i lavoratori, aumenti il senso di appartenenza e sviluppi un modello di pubblica amministrazione che muti la prospettiva;
preso atto dell’esigenza di un blocco della parte retributiva e segnalato tuttavia che appare, in ogni caso, particolarmente opportuno consentire una regolamentazione contrattuale di quegli aspetti del rapporto di lavoro che investono la tutela della personalità e della professionalità, nonché il benessere organizzativo del lavoratore, che sono fra l’altro in rapporto di congruenza con l’efficienza delle pubbliche amministrazioni; infatti, una restaurazione di una contrattazione collettiva a tali effetti può addirittura assicurare, come effetto indotto, recuperi di efficienza, con positivi effetti in termini economici, ferma restando l’opportunità che il Governo individui modalità che consentano, nell’ambito della definizione di comparti ed aree di contrattazione collettiva, la valorizzazione di particolari comparti o settori;
rilevato parimenti che, tenuto peraltro conto della specificità e degli importanti compiti affidati agli operatori del comparto sicurezza e difesa, appare a maggior ragione congruo prevedere la possibilità per queste categorie di negoziare gli aspetti normativi del rapporto di lavoro; in tali settori, infatti (a differenza di quanto avviene in quelli sottoposti alla contrattazione privatistica per i quali è stato possibile, attraverso lo strumento dei contratti collettivi nazionali quadro, procedere comunque ad alcuni aggiustamenti di carattere normativo ad invarianza di spesa), la rigidità del sistema ad ordinamento pubblicistico, che prevede attualmente il carattere triennale della negoziazione, non consente alcuna possibilità di apportare modifiche sugli aspetti del rapporto di impiego, oggetto di negoziazione pubblicistica;
preso atto che tale problematica si pone con riferimento a tutto il personale disciplinato con le tipiche procedure negoziali, ivi compreso il personale, anche dirigenziale, del settore dei vigili del fuoco e soccorso pubblico e che, con riguardo al personale dirigenziale, la problematica si pone anche per le carriere diplomatica e prefettizia, nonché per la carriera dirigenziale penitenziaria;
acquisiti, in particolare, i rilievi formulati dalla IV Commissione (Difesa) sui profili di competenza e ricordato che agli operatori del comparto difesa, sicurezza e soccorso una condizione di specificità è riconosciuta dalle norme in vigore, per cui l’obiettivo di rafforzare tale specificità potrebbe essere perseguito anche valutando la possibile attivazione di una specifica concertazione in materia con le amministrazioni e gli organismi rappresentativi del personale, qualora vi fosse la possibilità di reperire – ove effettivamente disponibili – le necessarie risorse attraverso il «Fondo unico giustizia», attingendo ai risparmi derivanti dalle missioni internazionali e alle risorse eventualmente utilizzabili per le spese obbligatorie sui bilanci delle amministrazioni, di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 27 del 2011, e dando indirizzi diversi a risorse già allocate per il personale;
preso atto che il blocco dei meccanismi di adeguamento retributivo per il personale in regime di diritto pubblico riguarda, tra gli altri, i ricercatori, i professori universitari e tutto il personale del comparto scuola, per i quali appare importante avviare una nuova contrattuale, che permetta la valorizzazione delle professionalità, anche attraverso l’individuazione di percorsi di carriera, collegati alla formazione continua, come indicato dalle raccomandazioni europee, e ad un sistema complessivo di valutazione;
atteso che il provvedimento potrebbe recare un ulteriore elemento di possibile equivoco circa l’interpretazione secondo cui il blocco della contrattazione si applicherebbe anche ai dipendenti delle autorità portuali, il cui rapporto di lavoro, viceversa, ex lege è disciplinato «dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa»;
giudicato, pertanto, importante chiarire – coerentemente con le assicurazioni ripetutamente date, circa l’intendimento di dare risposta ad un problema che rischia di rendere ancor più aspri i conflitti sociali e attivare molteplici contenziosi – la questione della non applicazione del blocco al personale dipendente delle autorità portuali o, quanto meno, affrontare questo specifico tema e fornire una concreta risposta agli organismi competenti e al personale interessato;
preso atto che il provvedimento proroga, altresì, i blocchi riguardanti i meccanismi di adeguamento retributivo, le classi e gli scatti di stipendio, nonché le progressioni di carriera comunque denominate del personale contrattualizzato e in regime di diritto pubblico (di cui all’articolo 9, comma 21, del decreto-legge n. 78 del 2010), alimentando in tal modo il fenomeno delle cosiddette «promozioni bianche»;
considerato che su tale questione pende anche un contenzioso di fronte alla Corte costituzionale, che potrebbe determinare l’esigenza di rivedere ex post la proroga del blocco di cui al comma 21 del citato articolo 9, atteso anche che, come è noto, la stessa Corte ha di recente dichiarato illegittime disposizioni di analoga natura;
rilevato che detto fenomeno da luogo a situazioni di iniquità sostanziale, nel momento in cui determina (soprattutto per alcuni comparti, quali quello della sicurezza e della difesa, ovvero per le carriere diplomatiche e prefettizie) situazioni di fatto per le quali soggetti gerarchicamente sovra-ordinati finiscono per avere un trattamento economico inferiore rispetto a posizioni e inquadramenti meno elevati;
ritenuto che, sotto questo profilo, il Governo possa valutare interventi atti ad autorizzare le amministrazioni competenti – nell’ambito dei risparmi di spesa ottenuti all’interno dei propri bilanci ordinari e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica – ad individuare eventuali misure che, superando il blocco di cui al citato articolo 9, comma 21, siano dirette a mitigare il demotivante e paradossale impatto di tale blocco sulle cosiddette «promozioni bianche»;
valutate e condivise le osservazioni formulate nel parere espresso dalla Sezione per gli atti normativi del Consiglio di Stato nell’Adunanza di Sezione dell’11 aprile 2013 (1832/13);
ritenuto opportuno che il Governo tenga conto dell’esigenza di svolgere le dovute riflessioni sugli aspetti sollevati in premessa;
preso atto, infine, che la V Commissione ha valutato favorevolmente il provvedimento sotto il profilo delle conseguenze di carattere finanziario,
esprimonoPARERE FAVOREVOLE
con le seguenti condizioni:
1) si tenga preliminarmente conto che, alla luce dei richiamati principi costituzionali, le misure adottate devono avere un carattere del tutto eccezionale e provvisorio rendendo, per il futuro, non ipotizzabile un ulteriore allungamento temporale, che rischierebbe di trasformare un intervento che doveva essere una tantum e limitato nel tempo in una vera e propria deroga al meccanismo medesimo, da valutare attentamente rispetto alle previsioni costituzionali, con particolare riguardo a quelle recate dagli articoli 3, 36, 39 e 97 della Costituzione;
2) provveda, pertanto, il Governo a tenere in considerazione, ai fini della definitiva emanazione del provvedimento, il complesso delle indicazioni e proposte prospettate in premessa e, in questo contesto, ad adottare ogni opportuna iniziativa finalizzata a consentire, immediatamente dopo l’entrata in vigore del decreto in esame, la ripresa della contrattazione collettiva ai soli effetti normativi, modificando lo schema di decreto nella parte in cui lo stesso ha congelato fino al 31 dicembre 2014 la stessa contrattazione collettiva, fermo restando che la contrattazione per la parte economica potrà esplicare i suoi effetti a decorrere dall’anno 2015.
Il 28 ed il 29 maggio la 7a Commissione del Senato, in sede consultiva, esprime osservazioni contrarie sullo Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti.
OSSERVAZIONI APPROVATE DALLA COMMISSIONE
La Commissione, esaminato, per quanto di competenza, lo schema di decreto del Presidente della Repubblica in titolo,
preso atto che il regolamento, in virtù di una esplicita autorizzazione legislativa disposta dall’articolo 16 del decreto-legge n. 98 del 2011, proroga alcune disposizioni sul blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali, previste a suo tempo dall’articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010;
rilevata con favore l’esclusione di alcuni fondi relativi ai comparti di competenza (in particolare il Fondo di finanziamento ordinario delle università – FFO, le risorse destinate alla ricerca, al 5 per 1000 e all’istruzione scolastica, il Fondo unico per lo spettacolo – FUS e le risorse destinate alla manutenzione e alla conservazione dei beni culturali) dalla clausola di salvaguardia prevista dall’articolo 16, comma 3, del decreto-legge n. 98 del 2011, in base alla quale in caso di mancato raggiungimento dei risparmi di spesa opera un taglio lineare delle spese rimodulabili dei Ministeri;
esaminato il comma 1 dell’articolo 1 di interesse diretto della Commissione che dispone in particolare:
– la proroga al 31 dicembre 2014 del blocco del trattamento economico complessivo dei pubblici dipendenti, congelato ai livelli del 2010. La norma fa comunque salva per la scuola la destinazione del 30 per cento dei risparmi per valorizzare il personale scolastico, secondo l’articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008. Si rileva tuttavia criticamente che la certificazione di quel 30 per cento di “cosiddetto risparmio” e’ stata ogni anno oggetto di discussione con la Ragioneria dello Stato, ed è stata spesso utilizzata per coprire spese ordinarie, le quali avrebbero dovuto trovare altrove il proprio finanziamento,
– il blocco del trattamento accessorio del personale delle amministrazioni pubbliche, che viene ridotto proporzionalmente alla riduzione del personale in servizio,
– il blocco dei meccanismi di adeguamento retributivo per il personale in regime di diritto pubblico (tra cui sono annoverati i ricercatori e i professori universitari) e per il personale contrattualizzato, che non può esser recuperato,
– il blocco, riferito al biennio 2013-2014, della contrattazione senza possibilità di recupero delle componenti retributive e degli incrementi contrattuali eventualmente previsti dal 2011,
– il congelamento dell’indennità di vacanza contrattuale per il 2013 e 2014, che per il triennio 2015-2017 sarà determinata con i parametri oggi vigenti, senza nuovi incrementi;
considerati il quadro economico e la grave crisi della finanza pubblica in cui non è possibile un aumento della tassazione mentre è necessario comprimere la spesa;
reputato urgente restituire dignità e valore alla professione docente e in generale al personale della scuola, per cui e’ essenziale avviare la discussione del nuovo contratto nazionale, per poter inserire, quando le risorse saranno disponibili, gli adeguati incrementi stipendiali;
ritenuto che solo attraverso la contrattazione è possibile valorizzare compiutamente la professionalità docente e introdurre dei percorsi chiari di carriera, dato che il nuovo contratto nazionale può diventare strumento flessibile, adeguato a definire le risorse, la formazione, i criteri di valutazione e i compensi;
valutato assai negativamente che gli insegnanti italiani, pur lavorando come i loro colleghi europei, tenuto conto anche del lavoro svolto a casa per la preparazione e la correzione dei compiti, percepiscono lo stipendio più basso rispetto ai loro omologhi europei,
sottolineata l’esigenza di puntare ad una scuola moderna, che sappia rompere tempi e spazi tradizionali per rimettere al centro, attraverso una nuova didattica, gli studenti e il loro diritto a raggiungere il successo formativo e scolastico;
rilevato che tutto ciò passa anche attraverso il nuovo contratto, che deve essere una grande occasione di coinvolgimento e discussione non solo sugli aspetti economici, ma altresì sul ruolo della formazione in servizio, sulla valutazione, sulla valorizzazione delle professionalità degli insegnanti e sulla organizzazione del lavoro all’interno delle autonomie scolastiche e delle reti di scuole;
ritenuto peraltro criticamente che il blocco della contrattazione, per quanto riguarda nello specifico gli insegnanti, risulta particolarmente lesivo, in quanto i docenti non hanno alcuna carriera professionale, ma solo questi scatti che dal 2010 non vengono più corrisposti loro per far quadrare i conti pubblici,
considerato altresì che i ricercatori e professori universitari ed il comparto dell’università tutto sono stati già penalizzati anch’essi dal blocco delle retribuzioni e da ulteriori ed infelici di economia di spesa, come ad esempio il blocco del turn over;
esprime osservazioni contrarie, motivate dalle seguenti ragioni:
– il Governo avrebbe potuto avvalersi della possibilità disposta dalla normativa vigente di modulare il blocco degli incrementi stipendiali per valorizzare l’efficienza di determinati settori, escludendo l’istruzione e l’università dalle misure previste, che aggravano ulteriormente la sofferenza di comparti troppo spesso utilizzati come luogo di prelievo forzoso di risorse. Spiace invece constatare che il blocco è stato disposto in maniera uguale per tutto il pubblico impiego;
– il Governo dovrebbe riqualificare le spese per tutto il comparto pubblico della conoscenza, tenuto conto che, secondo le conclusioni del Consiglio europeo del 28-29 giugno 2012, esse sono da considerarsi quali investimenti in capitale umano.
Resoconto delle sedute:
(7a Senato, 28.5.2013) Riferisce alla Commissione la relatrice PUGLISI (PD), la quale premette che sull’atto del Governo in titolo la Commissione e’ chiamata solo ad esprimere osservazioni alla Commissione affari costituzionali. Fa presente poi che il regolamento é stato presentato dal Governo in carica e, in virtù di una esplicita autorizzazione legislativa disposta dall’articolo 16 del decreto-legge n. 98 del 2011, proroga alcune disposizioni sul blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali, previste a suo tempo dall’articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010. Ricorda indi che la manovra di finanza pubblica di cui al predetto decreto-legge n. 78 va collocata nel più generale contesto di difficoltà economica e finanziaria, generato a partire dalla grave crisi del sistema finanziario e bancario e aggravato dal macigno del debito pubblico che il nostro Paese si porta sulle spalle e che deve risanare per il rispetto dei vincoli europei.
Segnala inoltre che il Governo non si e’ avvalso della possibilità, disposta dalla normativa vigente, di modulare e differenziare il blocco degli incrementi stipendiali per valorizzare e incentivare l’efficienza di determinati settori, tenuto conto che la proroga del blocco e’ stata fatta di un anno in modo indistinto per tutti i comparti del pubblico impiego.
Rammenta peraltro con favore l’esclusione di alcuni fondi relativi ai comparti di competenza (in particolare il Fondo di finanziamento ordinario delle università -FFO, le risorse destinate alla ricerca, al 5 per 1000 e all’istruzione scolastica, il Fondo unico per lo spettacolo – FUS e le risorse destinate alla manutenzione e alla conservazione dei beni culturali) dalla clausola di salvaguardia prevista dall’articolo 16, comma 3, in base alla quale in caso di mancato raggiungimento dei risparmi di spesa opera un taglio lineare delle spese rimodulabili dei Ministeri.
Analizzando in dettaglio il provvedimento, riferisce che la disposizione di interesse diretto della 7ª Commissione è il comma 1 dell’articolo 1 ed in particolare la lettera a), che prevede la proroga al 31 dicembre 2014 del blocco del trattamento economico complessivo dei pubblici dipendenti, congelato ai livelli del 2010. La norma, prosegue la relatrice, fa comunque salva per la scuola la destinazione del 30 per cento dei risparmi per valorizzare il personale scolastico, secondo l’articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, che disponeva per il settore un taglio a suo avviso famigerato stabilendo al contempo il reinvestimento nel medesimo comparto delle economie ottenute. Rileva tuttavia criticamente che la certificazione di quel 30 per cento di cosiddetto risparmio e’ stata ogni anno oggetto di discussione con la Ragioneria dello Stato.
Dopo aver evidenziato che il blocco del trattamento accessorio del personale delle amministrazioni pubbliche viene ridotto proporzionalmente alla riduzione del personale in servizio, fa presente che il blocco dei meccanismi di adeguamento retributivo per il personale in regime di diritto pubblico (ossia ricercatori e professori universitari) e per il personale contrattualizzato non può esser recuperato. Per il periodo 2011-2014 non e’ quindi utile ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio e le eventuali progressioni di carriera nello stesso quadriennio hanno effetti solo giuridici.
Si sofferma indi sulla lettera c), che dispone per il pubblico impiego il blocco, riferito al biennio 2013-2014, della contrattazione senza possibilità di recupero delle componenti retributive e blocca anche gli incrementi contrattuali eventualmente previsti dal 2011. La lettera c) congela anche l’indennità di vacanza contrattuale per il 2013 e 2014 e stabilisce che per il triennio 2015-2017 essa sarà determinata con i parametri oggi vigenti, senza nuovi incrementi.
Nel richiamare nuovamente il quadro economico e la grave crisi della finanza pubblica del nostro Paese e dichiarandosi peraltro consapevole dell’impossibilità di un aumento della tassazione e dell’esigenza di comprimere la spesa, reputa comunque urgente restituire dignità e valore alla professione docente e in generale al personale della scuola. Per questo e’ essenziale a suo giudizio avviare la discussione del nuovo contratto nazionale, per essere pronti poi, quando le risorse saranno disponibili, ad inserire gli adeguati incrementi stipendiali. Afferma infatti che solo attraverso la contrattazione – e non certo la via legislativa – è possibile valorizzare compiutamente la professionalità docente e introdurre percorsi chiari di carriera. Reputa perciò che il nuovo contratto nazionale debba essere uno strumento flessibile, adeguato a definire le risorse, la formazione, i criteri di valutazione e i compensi. Esso, prosegue la relatrice, deve rappresentare quel punto di arrivo che dà una garanzia di futuro alla scuola, ma anche il punto di partenza di una formazione in servizio che scatta dal momento della sottoscrizione in poi. Senza formazione nella scuola giudica del resto inutile parlare di “comunità di pratiche professionali”.
Ripercorre poi brevemente il tentativo – a suo avviso improvvido – del ministro Profumo di portare a 24 ore l’orario di lezione frontale dei docenti per legge, a prescindere dal contratto, che ha fatto perdere di vista un tema importante per la scuola, che andrebbe invece affrontato nel rinnovo contrattuale del 2014. Rileva infatti che i nostri docenti lavorano come i loro colleghi europei, tanto che l’orario di lavoro, incluso quello svolto a casa per la preparazione e la correzione dei compiti, si avvicina alle 40 ore settimanali su 10 mesi.Sottolinea tuttavia negativamente che i nostri insegnanti sono quelli che percepiscono lo stipendio più basso rispetto ai loro omologhi europei.
Ribadisce dunque che soloall’interno di un percorso contrattuale condiviso dai lavoratori e che tenga conto degli elementi di complessità di questo lavoro e’ possibile affrontare il tema della valorizzazione degli insegnanti e della loro carriera. Del resto, osserva, la competenza esclusiva sugli aspetti di natura retributiva è demandata dalla legge al contratto e alla contrattazione.
Rimarca indi che una scuola moderna, che sappia rompere i tempi e gli spazi tradizionali per rimettere al centro, attraverso una nuova didattica, gli studenti e il loro diritto a raggiungere il proprio successo formativo e scolastico, passa anche attraverso il nuovo contratto, una grande occasione di coinvolgimento e discussione non solo sugli aspetti economici, ma anche sul ruolo della formazione in servizio, sulla valutazione, sulla valorizzazione delle professionalità degli insegnanti e sulla organizzazione del lavoro all’interno delle autonomie scolastiche e delle reti di scuole. Valorizzazione che, a suo giudizio, deve essere legata all’impegno orario e agli incarichi aggiuntivi, prevedendo l’individuazione di alcune figure di sistema in ogni scuola (sul modello delle funzioni strumentali) con compiti organizzativi e di coordinamento didattico, con un orario potenziato, la cui retribuzione non deve gravare sul fondo di istituto ma su risorse ad hoc.
Avviandosi alla conclusione, si sofferma sulla valorizzazione del lavoro d’aula, volto a sostenere la ricerca didattica-educativa e valutativa, funzionale allo sviluppo dei processi d’innovazione per il miglioramento dei livelli di apprendimento, e menziona anche l’esigenza di assicurare un’indennità mensile accessoria, definita dalla contrattazione integrativa, a favore del personale in servizio presso le istituzioni scolastiche di aree a rischio e a forte processo migratorio. Si riserva infine di presentare una proposta di parere che terrà conto delle considerazioni avanzate nel dibattito.
In discussione generale interviene il senatore BOCCHINO (M5S), il quale esprime anzitutto un giudizio fortemente negativo sull’atto nel suo complesso, che colpisce in modo indiscriminato i dipendenti pubblici, i cui salari hanno già subito una pesante perdita del potere d’acquisto. Nel censurare quindi una scelta economica che non potrà non determinare un ulteriore peggioramento dell’economia reale a causa di una rinnovata contrazione dei consumi, osserva che, anche per quanto riguarda nello specifico gli insegnanti, il blocco della contrattazione risulta particolarmente lesivo. I docenti non hanno infatti alcuna carriera professionale, ma solo questi scatti che dal 2010 non vengono più corrisposti loro per far quadrare i conti pubblici. Né appare sufficiente la conferma della devoluzione al settore del 30 per cento delle economie conseguenti ai risparmi, atteso che l’esperienza recente dimostra come tali risorse siano state in realtà utilizzate per coprire spese ordinarie, le quali avrebbero dovuto trovare altrove il proprio finanziamento.
Analogamente, egli critica la proroga del blocco per il personale non contrattualizzato, come i professori universitari e i lavoratori della conoscenza, già assai penalizzati dal blocco del turn over.
L’ingiustizia di tali misure, prosegue l’oratore, risulta ancor più chiara laddove si consideri la scarsa efficacia delle misure disposte nei confronti delle fasce a più alto reddito. A pagare i costi della crisi sono dunque, ancora una volta, i lavoratori più deboli. Né il Governo ha saputo dare seguito alla sentenza della Corte costituzionale che, nel dichiarare l’illegittimità del prelievo fiscale aggiuntivo del 5 e 10 per cento a carico dei dipendenti pubblici con redditi superiori a 90 e 150 mila euro, indicava in positivo la possibilità di una sua modulazione a carico dell’intera platea. Tale segnalazione è stata tuttavia disattesa e il peso maggiore è stato addossato proprio sulle classi più deboli.
Rincresce poi constatare, prosegue ancora l’oratore, che il Governo non si sia avvalso della possibilità, sancita dall’articolo 16 del decreto-legge n. 98 del 2011, giustamente ricordato dalla relatrice, di modulare la proroga del blocco per valorizzare ed incentivare l’efficienza di determinati settori. Proprio in quest’ottica, occorreva infatti, a suo avviso, valorizzare il settore dell’istruzione ed escluderlo dalle misure previste.
In sintonia con le dichiarazioni del ministro Carrozza che ha preannunciato le sue dimissioni se non otterrà risorse adeguate per i comparti di sua competenza, propone quindi di esprimere un parere contrario sul provvedimento in titolo, onde chiarare che d’ora in poi la scuola deve essere tenuta fuori da qualsiasi definanziamento.
La senatrice GIANNINI (SCpI), nel sottolineare a sua volta la drammaticità di tutto il comparto pubblico della conoscenza, si richiama alle conclusioni del Consiglio europeo del 28-29 giugno 2012, che hanno aperto la strada ad una nuova considerazione delle spese per l’istruzione. Finalmente, infatti, tali spese sono state considerate investimenti in capitale umano, sicché i bilanci statali potranno collocarle in una prospettiva completamente diversa.
Nell’ipotesi in cui la Commissione addivenga ad esprimere un parere contrario sul provvedimento in titolo, suggerisce quindi di motivarlo richiamando l’importante iniziativa europea a favore della rubricazione delle spese per l’istruzione come investimenti in capitale umano.
La senatrice DI GIORGI (PD) si associa alle considerazioni fin qui espresse ed in particolare alla necessità che le spese nel settore scolastico siano considerate investimenti. Si augura quindi che il parere sull’atto in titolo, uno dei primi della nuova legislatura, possa assegnare una significativa inversione di tendenza e dimostrare il più netto rifiuto di tutte le forze politiche rispetto ad ulteriori definanziamenti del sapere.
Invita perciò la relatrice a tener conto delle posizioni emerse nel dibattito e a proporre alla Commissione l’espressione di un parere contrario, in considerazione del valore strategico assoluto degli investimenti nella scuola e nell’università.
Il senatore LIUZZI (PdL), pur considerando lo scenario complessivo e l’esigenza di tenere sotto controllo i conti dello Stato, conviene che il comparto dell’istruzione non debba essere residuale, ma anzi centrale in termini di spese, tanto più che i risultati dell’insegnamento non possono essere stimati dal punto di vista del PIL. Concorda altresì sulla natura di investimenti dei finanziamenti diretti alla scuola.
Si riserva infine di valutare il parere che la relatrice sottoporrà al voto della Commissione.
Nessun altro chiedendo di intervenire, il PRESIDENTE dichiara chiusa la discussione generale.(7a Senato, 29.5.2013) Riprende l’esame, sospeso nella seduta di ieri, nella quale – ricorda il PRESIDENTE – si è concluso il dibattito.
La relatrice PUGLISI (PD) replica agli intervenuti premettendo di aver recepito le considerazioni avanzate in discussione generale. Propone dunque di esprimere osservazioni contrarie, convenendo che i settori di riferimento abbiano subito finora eccessive penalizzazioni e che le relative spese debbano essere qualificate quali investimenti, secondo le indicazioni del Consiglio europeo di giugno 2012. Conviene altresì che i docenti non abbiano un percorso di carriera e che le misure risultino dunque ancor più lesive.
Rimarca inoltre a sua volta l’importanza di reinvestire il 30 per cento dei risparmi nella valorizzazione degli insegnanti o quanto meno nella corresponsione degli scatti stipendiali non goduti, come del resto hanno fatto i Governi precedenti.
Ribadisce poi l’importanza di aprire la stagione della discussione contrattuale in attesa di poter distribuire le risorse disponibili e afferma che il contratto deve essere lo strumento principale con cui affrontare il tema della professionalità docente, della formazione in servizio e della carriera. Occorre altresì tener conto – prosegue – dell’autonomia nell’organizzazione didattica per permettere agli studenti di raggiungere il personale successo formativo.
In conclusione, dopo essersi soffermata sulle penalizzazioni subite anche dal comparto universitario e della ricerca, illustra uno schema di osservazioni contrarie, pubblicato in allegato al presente resoconto.
Il PRESIDENTE comunica che l’omologa Commissione della Camera dei deputati non è stata chiamata a rendere le osservazioni sull’atto in titolo e pertanto il parere della 7ª Commissione del Senato assume un peso politico ancor più rilevante.
Sul piano metodologico, precisa poi che le osservazioni potrebbero anche essere favorevoli a condizione di escludere la scuola e l’università dai blocchi stipendiali e contrattuali, in una logica più propositiva che di opposizione. Puntualizza tuttavia che non si tratta di un suggerimento ma solo di una indicazione di metodo.
Ritiene infine che le osservazioni che la Commissione si accinge ad esprimere potranno rivestire maggiore efficacia se i membri della Commissione affari costituzionali verranno opportunamente sollecitati a recepirle nel parere che quella Commissione renderà al Governo.
Il senatore MARIN (PdL), alla luce delle precisazioni del Presidente, chiede alla relatrice se intende modificare le osservazioni, modificandole da contrarie a favorevoli con opportune condizioni.
Prende brevemente la parola la relatrice PUGLISI (PD), la quale chiarisce di aver riflettuto sulla possibilità di esprimere osservazioni favorevoli condizionate e di aver poi optato per un tenore contrario onde connotare in maniera più incisiva, sul piano politico, la posizione della Commissione. Fa notare peraltro che si tratta di svolgere un ruolo consultivo nei confronti della 1ª Commissione e non direttamente del Governo. Ritiene inoltre che un segnale forte di difesa dei comparti di riferimento potrebbe anche colpire positivamente l’opinione pubblica, purtroppo assai distante dalla politica. Infine, sottolinea che l’approccio propositivo suggerito dal Presidente potrebbe essere più utilmente assunto nella sede di merito, chiamata ad interfacciarsi direttamente con l’Esecutivo sull’atto in esame.
La senatrice DI GIORGI (PD) concorda con l’impostazione della relatrice, evidenziando come osservazioni contrarie possano essere di supporto anche negli sviluppi successivi, in quanto rappresentano un segnale politico assai forte. Occorre infatti affermare la netta contrarietà verso i tagli inferti ai comparti di riferimento, che del resto sono trasversali in quanto la formazione è la base per il futuro del Paese.
Il senatore BOCCHINO (M5S) si dichiara in sintonia con le affermazioni della relatrice e della senatrice Di Giorgi, precisando che un orientamento contrario riveste politicamente un peso maggiore e consente ai membri della 1ª Commissione di avere una visione più chiara sui problemi dei settori di competenza. Preannuncia pertanto fin d’ora il voto favorevole del suo schieramento.
Il senatore CENTINAIO (LN-Aut) invita a mantenere ben distinte le ipotesi di rendere osservazioni favorevoli condizionate da un lato, e osservazioni contrarie, dall’altro. Condivide infatti la proposta della relatrice, che testimonia un approccio di buon senso volto a raggiungere l’obiettivo condiviso di difendere i settori della conoscenza. Non concorda pertanto su eventuali modifiche del dispositivo, atteso che a suo avviso il tenore delle osservazioni proposte dalla relatrice sarà più efficace presso la sede di merito. Preannuncia dunque l’orientamento favorevole del suo Gruppo.
La senatrice GIANNINI (SCpI) ringrazia il Presidente per le indicazioni di metodo fornite. Manifesta peraltro a sua volta adesione per l’impostazione data dalla relatrice, giudicandola più efficace tenuto conto della delicatezza del tema e del valore strategico delle materie di competenza. Ringrazia altresì la relatrice per aver recepito la considerazione riguardo alla qualificazione delle spese per l’istruzione quali investimenti e preannuncia il voto positivo del suo Gruppo.
Il senatore ZAVOLI (PD) ritiene che un atteggiamento di maggiore prudenza sarebbe giustificato se si trattasse di esprimere una posizione definitiva e inappellabile. Nel caso in esame, invece, conviene al lavoro della Commissione essere risoluta nei suoi giudizi, onde caratterizzare meglio la propria identità anche rispetto al Paese. Al contrario, ritiene che una eccessiva cautela giustificherebbe ulteriori ambiguità da parte di coloro i quali chiamati a decidere nel merito. Sollecita pertanto la Commissione ad esprimere un chiaro orientamento contrario. (…)
Per dichiarazione di voto favorevole a nome del suo Gruppo, interviene il senatore MINEO (PD), che invoca il senso di responsabilità e di giustizia che devono caratterizzare l’attuale delicata fase politica. Compiacendosi della convergenza già più volte registratasi nella Commissione, invita a superare i timori e a dare un segnale forte. Richiama poi l’operato del governo Monti, che si è tuttavia dimostrato tecnicamente incapace di affrontare i problemi dei settori di riferimento. Le osservazioni contrarie proposte dalla relatrice possono dunque a suo giudizio costituire un utile suggerimento alla 1ª Commissione affinché esamini con maggiore approfondimento le criticità del mondo della scuola.
Anche la senatrice PETRAGLIA (Misto-SEL) dichiara il voto favorevole del suo schieramento, giudicando assai positiva la scelta di convergere su un preciso metodo a sostegno del mondo della conoscenza. Considerata la stagione di imbarazzo politico che il Paese sta vivendo è a suo avviso parimenti significativo dare un segnale unitario, tanto più che si tratta di difendere un comparto in sofferenza, prestando maggiore attenzione alla scuola, all’università e alla ricerca. A tale ultimo riguardo si sofferma sulla necessità di rinnovare i contratti dei ricercatori precari.
Dopo che il PRESIDENTE ha accertato la presenza del numero legale ai sensi dell’articolo 30, comma 2, del Regolamento, la Commissione approva all’unanimità lo schema di osservazioni contrarie della relatrice.
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